Videosorveglianza: i reati annullano lo Statuto

La Corte di Cassazione ha stabilito, con la sentenza n. 33567/2016 relativa al caso di due dipendenti comunali accusati di truffa e scoperti tramite una telecamera di videosorveglianza, che in caso di reato non scattano le protezioni dello Statuto dei Lavoratori.

Infatti, la protezione dello Statuto dei Lavoratori si applica ai rapporti civilistici fra dipendente e datore di lavoro, non a fatti che costituiscono reato.

Dunque, se il datore di lavoro scopre una truffa attraverso un impianto di videosorveglianza regolarmente istallato, come nel caso dei furbetti del cartellino, non commette illecito.

La Corte ha anche stabilito che il reato di truffa si configura anche quando il lavoratore non ha l’obbligo di timbrare il cartellino, ma compila semplicemente un foglio presenze.

Nel momento in cui mette in atto un comportamento truffaldino, attestando una presenza quando invece è assente (questo, anche nel caso in cui lo faccia volontariamente, senza cioè avere l’obbligo di timbrare), commette un reato.

Per quanto riguarda la questione del controllo a distanza, ricordiamo che la normativa di riferimento è l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che anche dopo le novità introdotte dal Jobs Act (articolo 23 decreto legislativo 151/2015) continuano a richiedere, per essere installati, una precisa procedura sindacale.

Diverso è il caso di altri strumenti, come il badge per entrare in ufficio, o il pc e i device mobili: strumenti tecnologici che, in effetti, consentono il controllo a distanza ma che sono anche strumenti di lavoro e per i quali di conseguenza non è necessario attivare la procedura sindacale. Non è però possibile utilizzarli per controllare il lavoratore.

Per ulteriori informazioni: PMI.it